PARERE SUL FONDO DI FINANZIAMENTO ORDINARIO E SULLA QUOTA DI RIEQUILIBRIO 2001
APPROVATO ALL'UNANIMITA' DALL'ASSEMBLEA DELLA CONFERENZA DEI RETTORI IL 4 APRILE 2001

La Conferenza dei Rettori, presa visione del parere del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario e della proposta ministeriale sul fondo di finanziamento ordinario e sulla quota di riequilibrio per il 2001 (ambedue contenuti nella nota ministeriale n. 605 del 16 marzo 2001), formula al Ministro il seguente parere.

Fondo di finanziamento ordinario – Aspetti generali e strategici

La CRUI esprime soddisfazione per l’aumento di 722 miliardi del fondo di finanziamento ordinario (FFO) delle università, che passa dagli 11.131 del 2000 agli 11.853 miliardi (circa) del 2001, ma deve segnalare che esso è del tutto insufficiente per recuperare la competitività della ricerca e della formazione universitarie con un adeguato livello di strutture e servizi e per affrontare i pesanti impegni della riforma didattica, di cui si mettono così a rischio la capacità innovativa, la rapidità di attuazione e i risultati attesi.

Attira inoltre l’attenzione sul fatto che gli stanziamenti citati sono di competenza ma che, negli ultimi anni, i versamenti di cassa dei finanziamenti ministeriali sono stati molto al di sotto delle assegnazioni di competenza, generando un crescente debito di cassa dello Stato nei confronti delle università. Alla fine del 2000 si è arrivati ad una cifra altissima, di migliaia di miliardi. Un debito cumulato di tale portata ha generato di riflesso forti debiti delle università e ormai rallenta notevolmente gli investimenti, in particolare in ricerca ed infrastrutture, con un pericolo non fittizio di un prossimo blocco. E’ assolutamente indispensabile un intervento urgente del Governo e del Ministro sulla cassa e sul fabbisogno affinché diminuisca (o almeno non aumenti) il debito e si stabiliscano modalità e tempi certi del rientro.

Non può nemmeno essere taciuto il fatto che sul FFO graveranno gli aumenti stipendiali del personale docente e tecnico-amministrativo, ancora non quantificabili ma comunque non lontani dai 200 miliardi (più altri aumenti di legge minori ma significativi, come ad esempio l’IRAP sulle borse di studio dei dottorandi e l’IRPEG sul patrimonio immobiliare). Poiché tutto il ragionamento che segue non prende in considerazione questi aumenti, si segnala che è altrettanto indispensabile che il Ministro si faccia interprete dell’assoluta necessità che si provveda ad un corrispondente aumento, in sede di assestamento del bilancio, dello stanziamento di competenza.

Occorre ricordare che sullo stesso capitolo del bilancio statale del FFO gravano anche i contributi ai consorzi interuniversitari (valutati per il 2001 in circa 80 miliardi). Pur comprendendo che si tratta di cifre versate sostanzialmente al sistema universitario per attività di ricerca, sarebbe opportuno provvedere altrimenti e comunque introdurre maggiore trasparenza nelle regole e nelle modalità di questi finanziamenti, con opportune forme di valutazione ex ante ed ex post dei risultati effettivi.

Infine la CRUI esprime la più viva preoccupazione per il fatto che non si sia ancora provveduto ad integrare il capitolo del bilancio statale destinato al finanziamento dei progetti di ricerca di interesse nazionale (ex 40%), decurtato di 1/3 rispetto al 2000. Una tale decurtazione avrebbe conseguenze devastanti su tutto il sistema di finanziamento della ricerca universitaria e sui bilanci stessi degli atenei, oltre a rappresentare il definitivo abbandono di ogni speranza di futuro riallineamento agli standard europei.

Quota di riequilibrio e premi incentivanti – Aspetti generali e strategici

 

La quota di riequilibrio è ormai divenuta un punto fisso e importante del dibattito annuale sul FFO. L’abitudine non deve però far dimenticare che il sistema universitario ha accettato come una dura necessità quella di trasferire risorse da un ateneo ad un altro in una situazione di generale carenza di risorse e con un andamento costante del FFO, in leggero aumento solo in questi ultimi due anni.

L’esperienza è da giudicarsi nel complesso positiva perché ha molto aiutato gli atenei sotto-finanziati rispetto a valori standard nazionali e ha introdotto una nuova cultura della misurazione delle principali caratteristiche quantitative dei singoli atenei. Occorre però non dimenticare le gravi difficoltà che hanno investito gli atenei che hanno ceduto risorse (in termini percentuali e anche reali) senza peraltro che questi potessero intervenire, se non marginalmente, né sulle spese fisse, né sulle risorse esterne e sui contributi degli studenti, spesso anche a causa del contesto economico del territorio.

Dopo questa esperienza di sei anni, in cui si è sempre trovata una linea di unanimità di parere, si segnala la particolare significatività della posizione della CRUI su un tema di per sé difficile come il riequilibrio finanziario e lo spostamento di risorse, in quanto si tratta di una posizione cui contribuiscono sia i rettori degli atenei favoriti che i rettori di quelli sfavoriti dalla ripartizione.

La CRUI ritiene comunque ormai indifferibile un programma ministeriale di valutazione dei risultati effettivi delle politiche di assegnazione delle risorse, tramite accurate analisi dei bilanci degli atenei affidate ad esperti indipendenti. E’ urgente sapere se l’assegnazione di nuove risorse da un lato e la decurtazione dall’altro abbiano generato gli effetti sperati di miglioramento reale della qualità delle attività di alcuni atenei senza deprimere la qualità degli altri.

La CRUI conferma inoltre il parere già espresso il 13 luglio 2000: essendo ormai vicino l’obiettivo di contenere gli scostamenti massimi dal valore standard del modello di ripartizione entro la percentuale del 5%, è maturo un intervento legislativo sulle norme sulla quota di riequilibrio in modo che, al rientro di tutti gli atenei entro la soglia del 5%, siano privilegiati gli interventi di incentivazione della qualità delle attività didattiche e di ricerca delle università. Non va naturalmente dimenticato il problema di assicurare agli atenei di più recente istituzione il raggiungimento di dimensioni ottimali.

 

Fondo di finanziamento ordinario – Aspetti tecnici

 

La CRUI apprezza che il Ministero abbia molto abbreviato i tempi per l’assegnazione del FFO del 2001, il che è fondamentale per dare certezza agli impegni delle università per la riforma didattica, ma deve segnalare che la massima urgenza chiesta dal Ministero ha costretto a tempi eccessivamente ristretti per l’analisi delle problematiche; nel futuro il parere della CRUI deve poter contare su tempi meno stringenti.

 

Inoltre la CRUI esprime la propria perplessità sul fatto che, prima ancora di poter discutere gli aspetti generali della ripartizione del FFO 2001, le risorse inizialmente disponibili erano state già impegnate, per legge o per decreto, per una serie di iniziative certamente importanti ma che hanno finito col ridurre significativamente la disponibilità effettiva dell’aumento di finanziamento.

 

Risultano infatti già impegnati, formalmente o sostanzialmente, circa 210 miliardi dell’aumento di 722 sopra citato:

·         56 per il consolidamento della mobilità docenti 2000,

·         50 per i nuovi contratti di ricerca e didattica con professori di università straniere,

·         68 per il consolidamento di una parte dei fondi del piano triennale 1998-2000,

·         20 per un incremento speciale della dotazione dei nuovi atenei,

·          7 per lo sviluppo delle attività delle scuole universitarie ad ordinamento speciale (legge finanziaria),

·          9 per il rimborso agli atenei di vecchie partite INAIL (una tantum).

 

Inoltre, ai fini di un corretto calcolo, occorre ricordare che lo IUSM di Roma accede al FFO per circa 12 miliardi il che porta l’aumento effettivo disponibile a 500 miliardi.

 

Quote di riequilibrio e premi incentivanti – Aspetti tecnici

 

La CRUI intende innanzitutto confermare pienamente, negli aspetti generali, il parere sulla ripartizione annuale delle quote di riequilibrio e incentivanti espresso il 13 luglio 2000. Esprime altresì viva soddisfazione per vedere accolte nel 2001 molte osservazioni e indicazioni allora presentate.

 

Entrando nel merito, la CRUI ritiene condivisibile mantenere – con l’aumento della percentuale dall’8% all’8,5% - il tradizionale meccanismo di riequilibrio su 11.120 miliardi (FFO 2000 escluso IUSM) ma riterrebbe opportuna una leggera modifica della proposta ministeriale: non attuare quest’anno il riequilibrio ordinario per quegli atenei che si trovino nella fascia ± 7% rispetto allo standard, riducendo via via nei prossimi anni questa percentuale al 5%.

 

La CRUI condivide altresì di destinare i fondi aggiuntivi a:

Ø        sostegno della riforma didattica,

Ø        accelerazione del riequilibrio, come proposto e sempre sostenuto dalla CRUI,

Ø        incentivazione dei migliori risultati nell’attività di ricerca,

Ø        incentivazione dei migliori risultati nell’attività didattica e di diritto allo studio,

Ø        incentivazione della mobilità dei docenti,

Ø        sostegno ad università in regioni economicamente svantaggiate (Obiettivo 1 e phasing out),

Ø        sostegno ad università con basso rapporto docenti/studenti,

Ø        sostegno ad università con basso rapporto spese personale/FFO.

 

Condivide anche l’avviso del Ministero di rinviare l’incentivazione delle best practices per l’utilizzazione del fondo di incentivazione stipendiale dei docenti, in quanto la situazione negli atenei è ancora lontana dalla stabilità delle norme e degli interventi.

 

La CRUI non ritiene suo compito proporre cifre per ciascuno degli obiettivi sopra indicati. Non può però non segnalare l’opportunità che, dei 500 miliardi aggiuntivi disponibili,

·         almeno 200 siano destinati al sostegno della riforma didattica (come già previsto dal Ministero),

·         almeno 150 siano destinati agli interventi di accelerazione del riequilibrio,

·         almeno 50 siano destinati all’incentivazione della ricerca,

·         almeno 25 siano destinati all’incentivazione della didattica e del diritto allo studio,

·         non più di 60 annuali (2/12=10 mld) siano destinati all’incentivazione della mobilità 2001.

 

A proposito di quest’ultimo punto la CRUI, pur apprezzando l’incentivazione della mobilità dei docenti, riterrebbe opportuno determinare un tetto massimo annuale. Il meccanismo potrebbe essere quello di fissare solo a posteriori le quote relative a ciascuna mobilità in proporzione a quella totale effettivamente realizzata e al tetto massimo stabilito, mantenendo naturalmente la proporzione con le cifre 50-75-100 riguardo alle tre categorie di professori e ricercatori.

 

Riguardo all’applicazione della ormai tradizionale formula di riequilibrio, la CRUI sottolinea, come negli anni passati, che una formula basata su dati statistici desunti dalla situazione pregressa tende a mantenere gli squilibri storici più che a colmarli. Andrebbe quindi invece individuata una formula basata sui costi reali e su un’analisi del fabbisogno minimo di docenza che tenga anche conto, per esempio, delle soglie espresse dall’effetto aula (in linea generale 40 studenti non richiedono il doppio di docenti rispetto a 20 studenti) e del fabbisogno minimo di strutture.

 

La CRUI condivide comunque la posizione del Ministero che la formula debba essere applicata senza alcuna modifica dei parametri calcolati su base statistica, per garantire la continuità dei meccanismi di riequilibrio e per evitare forzature parziali che distorcerebbero l’impianto di uno studio statistico certo criticabile ma sicuramente coerente. Nel caso in cui si ritenesse invece indispensabile cambiare qualche parametro, la modifica dovrebbe essere effettuata nel rispetto dello stesso modello statistico, quindi per facoltà e non per corsi di studio e soprattutto ricalcolando tutti i parametri statistici per i nuovi gruppi omogenei di facoltà.

 

Passando ad un’analisi più dettagliata, la CRUI desidera far osservare quanto segue.

 

1) Per quanto riguarda il sostegno della riforma didattica la CRUI condivide la proposta del Ministro di ripartire i 200 miliardi previsti in base alla percentuale teorica standard del FFO di ciascun ateneo (come ottenuta dalla formula dell’attuale modello di riequilibrio) e condivide in particolare la proposta di introdurre un’adeguata soglia minima di studenti immatricolati per ciascun corso di laurea, suggerendo semmai di definire la soglia minima di ciascun corso di laurea in relazione al valor medio nazionale. E’ viva infatti la preoccupazione che, con la riforma dell’autonomia didattica, si possa registrare un incongruo aumento del numero di corsi di laurea senza una corrispondente analisi della domanda di formazione e dell’offerta di lavoro. Ciò potrebbe portare a diseconomie e sprechi ma soprattutto ad un indebolimento dell’intero intervento riformatore.

 

2) Per quanto riguarda l’accelerazione del riequilibrio, si condivide, come già detto, la proposta del Ministro di applicare la formula senza modifiche dei parametri e di applicarla prima del riequilibrio ordinario, tenendo conto in questo dei risultati dell’accelerazione.

 

3) Per quanto riguarda l’incentivazione dei migliori risultati nell’attività di ricerca, si condivide solo parzialmente la proposta del Ministro riguardo agli indicatori da usare.

Gli indicatori devono essere chiari e descrittivi. Nel caso della ricerca vi sono due esigenze di cui tener conto: la prima è premiare gli atenei le cui unità di ricerca hanno successo nella competizione nazionale (criterio di qualità relativa), la seconda è considerare lo sforzo finanziario autonomo fatto dalle università per la ricerca (criterio di quantità relativa). Si propongono quindi due indicatori che dovrebbero cogliere le due esigenze.

Il primo indicatore, sostanzialmente coincidente con quelle proposto dal Ministero, dovrebbe essere il rapporto tra il numero dei docenti (professori e ricercatori) finanziati sui PRIN e il numero totale dei professori e ricercatori di ruolo nell’ateneo. Qui sarebbe opportuno, secondo quanto previsto dallo stesso Ministero per il secondo degli indicatori proposti, calcolare questo valore area disciplinare per area disciplinare e ripartire il finanziamento agli atenei in base al numero dei docenti di ciascuna area ma solo per le aree che si trovano sopra la media nazionale.

Un secondo indicatore è il rapporto tra il totale dei fondi propri che ciascun ateneo destina autonomamente alla ricerca autonoma e il FFO dell’ateneo. Il totale dei fondi propri si deve calcolare come somma dei fondi per ricerca locale (ex 60%) e cofinanziamento dei PRIN approvati. Per fondi di ricerca locale vanno intesi quelli ripartiti da organi di governo dell’ateneo tra dipartimenti, istituti, centri, gruppi o singoli ricercatori in base alla valutazione delle ricerche effettuate e dei progetti di ricerca presentati. Il cofinanziamento di ateneo ai PRIN va calcolato come i 3/10 del finanziamento totale assegnato al PRIN o, se si vuole, come i 3/7 del cofinanziamento assegnato dal MURST.

I due indicatori vanno usati disgiuntamente in quanto rispondono ad esigenze diverse, suddividendo a priori in due quote il finanziamento disponibile per questo intervento incentivante.

Rimane comunque ancora aperto il problema di stabilire indicatori maggiormente descrittivi dell’impegno e del successo nella ricerca dei singoli atenei. Tra i parametri che occorrerebbe trovare il modo di usare vi sono le borse di dottorato di ricerca e gli assegni di ricerca banditi dagli atenei su propri fondi (non provenienti da convenzioni), gli investimenti in grandi attrezzature di ricerca, la capacità di attrarre finanziamenti di ricerca dall’UE, dal CNR, da enti pubblici, dalle imprese, il cofinanziamento di centri di ricerca di eccellenza. Ma sono tutti parametri che non hanno ancora una definizione con un sufficiente grado di affidabilità e significatività statistica.

 

4) Per quanto riguarda l’incentivazione dei migliori risultati nell’attività didattica si condivide sostanzialmente l’indicatore proposto dal Ministro, con un’unica variazione. In attesa che funzioni l’anagrafe nazionale degli studenti universitari, si suggerisce di considerare temporaneamente i laureati non rispetto agli anni di carriera ma rispetto all’età anagrafica. Ad esempio si potrebbero considerare “in corso” i laureati che al momento della laurea hanno meno di 23 anni per i corsi triennali, 24, 25 e 26 anni rispettivamente per i quadriennali, quinquennali e sessennali, lasciando inalterati i pesi come nella proposta del Ministero.

 

5) Per quanto riguarda l’incentivazione della mobilità dei docenti la CRUI desidera innanzitutto segnalare che, formalmente, la proposta iniziale del Ministro non risultava sufficientemente chiara ma è stata chiarita con la nota n. 5872/SG del 3 aprile.

Si ritiene comunque, in accordo sostanziale con la proposta del Ministro, che l’intervento dovrebbe essere riservato:

a) alle chiamate di professori idonei in valutazioni comparative che non hanno mai prestato servizio (a nessun titolo) nell’ateneo chiamante.  Resta in ogni caso esclusa dal cofinanziamento la chiamata  del vincitore (prima chiamata);

b) ai trasferimenti di professori o ricercatori, a condizione che non abbiano mai prestato servizio (a nessun titolo) nella sede chiamante e che provengano da università di altre regioni.

Si suggerisce di estendere l’intervento di incentivazione ai trasferimenti in nuove sedi gemmate anche quando i professori o ricercatori provengono da atenei della stessa regione, con l’eccezione però di quelli provenienti dalla sede gemmante.

 

6) Per quanto riguarda gli interventi per le università nelle regioni in obiettivo 1 e phasing out, la CRUI accetta sostanzialmente la proposta del Ministro ma ribadisce che il giusto sostegno alle regioni economicamente svantaggiate dovrebbe avvenire su altri capitoli del bilancio dello Stato (o dell’Unione Europea) e non sul FFO universitario. Si segnalano però alcuni ulteriori problematiche da affrontare: il meccanismo interno di ripartizione della quota dovrebbe operare nel senso di non riprodurre squilibri che altre quote tendono a ridurre; occorrerebbe introdurre meccanismi che aiutino le università di più recente istituzione a raggiungere dimensioni ottimali; sarebbe opportuno tener conto del livello di tassazione studentesca di ciascun ateneo rispetto al contesto economico-sociale in cui opera.

 

7) Per quanto riguarda il sostegno ad università con basso rapporto docenti/studenti si ritiene condivisibile la proposta del Ministro, in particolare relativamente al monitoraggio dell’efficacia dell’intervento in termini di miglioramento effettivo del rapporto docenti/studenti nelle facoltà interessate.

 

Riforma didattica – fondi del piano di sviluppo 2001-2003

 

La nota ministeriale sul FFO contiene anche una proposta relativa all’utilizzo della quota dei fondi del piano 2001-2003 relativa alla riforma didattica, pari a 225 miliardi nel triennio sul totale di 304 miliardi destinati all’innovazione didattica, il che porta in totale lo stanziamento per la riforma a 825 miliardi nel triennio (nell’ipotesi che i 200 miliardi del 2001 vengano consolidati nel 2002 e 2003).

 

La proposta ministeriale è di ripartire i 225 miliardi con la stessa metodologia usata per la ripartizione dei 200 miliardi del FFO (vedi sopra al punto 1).

 

La Conferenza condivide tale proposta ma desidera osservare che il meccanismo di ripartizione tende a privilegiare la trasformazione dei corsi di laurea esistenti. Si tratta certamente di un obiettivo importante ma vi deve essere anche quello di favorire lo sviluppo di nuova offerta didattica, in particolare nelle sedi di più recente istituzione che non hanno ancora dimensioni ottimali.

 

Si ritiene quindi che, per cogliere questo secondo aspetto, sia opportuno ripartire solo 200 (e non 225) miliardi del piano triennale con la metodologia proposta e invece assegnare i restanti 104 con i criteri stringenti sulla qualità e sostenibilità economica e didattica delle proposte di nuovi corsi di studio già stabiliti dal Ministero (nota sul piano triennale) e con un attento monitoraggio delle iniziative finanziate.