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Osservazioni alla riunione del 15 giugno 1999
Roma, 28 giugno 1999

Nella riunione del 15 giugno u.s. è stata fatta una panoramica dei problemi delle biblioteche universitarie. Due argomenti, a mio parere, rivestono una importanza fondamentale: l'organizzazione delle biblioteche e la formazione del personale, per cui mi sembra opportuno approfondire questi argomenti con alcune piccole considerazioni che spero siano riprese, sicuramente con maggior acume, dai delegati delle varie Università.

Organizzazione delle biblioteche

Molti interventi si sono soffermati su questo argomento, riprendendo il documento di lavoro della Commissione del MURST sulle biblioteche. Il dato che se ne ricava è impressionante: in 67 Università ci sono 2200 biblioteche (dato approssimato per difetto). Ma il dato che più deve indurre alla riflessione è che dal 1993 ad oggi, dopo una breve regressione in coincidenza della spinta all'istituzione dei dipartimenti, la tendenza alla frammentazione dei sistemi bibliotecari è ripresa con forza.
I dati della relazione citata, ci dicono anche che le risorse, sia economiche che umane, impiegate in questo settore sono paragonabili e in alcuni casi superiori alle risorse impiegate nelle biblioteche universitarie di Stati Uniti e Gran Bretagna. Ovviamente quello che non è assolutamente paragonabile sono i servizi offerti dalle biblioteche italiane infinitamente più scadenti.
Niente di nuovo, si potrebbe dire, bibliotecari e ricercatori ben conoscono la miseria delle biblioteche. Invece una domanda bisogna porla: allora l'autonomia universitaria che tante speranze aveva suscitato alla fine si rivela un fallimento, almeno per i servizi bibliotecari?
Non penso che si possa tornare indietro, ma certamente qualcosa deve cambiare. Non è possibile che continuino ad esistere biblioteche fantasma, o stanze con qualche centinaio di volumi che si fanno appellare biblioteche al solo scopo di drenare i pochi fondi messi a disposizione. Non è possibile che esistono coordinatori che non coordinano nulla, oppure che non esistano coordinatori perchè si ritiene che le biblioteche non devono essere coordinate. Oggi non è pensabile, per qualsiasi Università grande o piccola che sia, di sopravvivere gestendo il mondo dell'informazione come 30 anni fa.
Qui, ovviamente, ritorna il discorso sull'autonomia universitaria. Autonomia significa fare tutto quello che si vuole o gestire la cosa pubblica nel miglior modo possibile ma entro regole generalià Io propendo per la seconda ipotesi, ma certo quando vedo che viene bandito un concorso per dirigente bibliotecario (qualifica sconosciuta, anche se da bibliotecario ne dovrei essere contento) molti dubbi mi assalgono.
Inoltre, le varie leggi Bassanini, che stabilivano il principio che anche nella pubblica amministrazione a una maggiore retribuzione del personale doveva necessariamente corrispondere il raggiungimento di obiettivi prefissati (principio richiamato in molti statuti universitari) sono messe veramente in essere?
E i nuclei di valutazione che cosa dicono sulla qualità dei servizi bibliotecari?
Un ultimo dato sconfortante che ci viene dalla relazione della Commissione del MURST riguarda l'automazione. Gli investimenti che le Università fanno in questo campo sono paurosamente inadeguati, anche considerando che l'automazione dei servizi bibliotecari è l'unico strumento attualmente disponibile per sopperire in qualche modo alla carenza di servizi dovuta alla frammentazione delle biblioteche.

Formazione del personale

Anche su questo problema ci sono molte cose da dire e se qualche cosa è possibile fare non bisogna avere riguardi.
La maggior parte di quello che oggi viene definito personale professionalizzato (dalla VI qualifica in su per le varie aree) è arrivato ai livelli attuali senza aver mai fatto un concorso specifico. Penso che ognuno di noi ha davanti il caso dell'usciere oggi funzionario perchè......
Questo è un problema che investe tutte le aree funzionali e non solo le biblioteche. Leggi, leggine, contratti sindacali e altro hanno portato ad una situazione paradossale, per esempio che in Italia il personale professionalizzato nelle biblioteche universitarie è superiore a quello di paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, il che presupporrebbe una qualità di servizi migliore, cosa che invece non accade.
Di contro ci troviamo di fronte ad Amministrazioni universitarie (tutte secondo il COINFO) che spendono solo in minima parte i fondi destinati alla formazione e riqualificazione del personale. Insomma, dipendenti poco qualificati e Amministrazioni che non hanno interesse a migliorare la situazione.
Forse sarebbe opportuno proporre che i fondi destinati alla formazione dopo un certo numero di anni vengano reincamerati dallo Stato, come avviene con i fondi di ricerca.

Tra le tante sollecitazioni emerse dal dibattito, a mio giudizio, tre sono i temi immediati da affrontare per favorire lo sviluppo delle biblioteche universitarie:

  1. cercare di incentivare l'automazione dei servizi bibliotecari;
  2. spingere le singole Università a coordinare il settore delle biblioteche con il compito minimo almeno di monitorare i servizi bibliotecari;
  3. programmare la formazione del personale di biblioteca in particolare tenendo presente le nuove tecnologie.



Dr. Arturo Santorio
  Istituto Universitario Orientale
   Napoli






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