La Conferenza dei Rettori italiana ha firmato, nel mese di luglio 1993, un Protocollo d'Intesa con la Confindustria con l'obiettivo di fornire un quadro di riferimento e di sviluppare ulteriormente la cooperazione tra Università e mondo imprenditoriale. Alla base dell'intesa c'è la comune valutazione del carattere strategico che assumono la formazione qualificata e la ricerca come fattori di sviluppo di una società evoluta e tecnologicamente avanzata. Il Protocollo mette in risalto, in particolare: la necessità d'individuare forme di raccordo e programmazione stabili tra Università e Industria a livello centrale, regionale, locale e/o settoriale; la necessità di ampliare, nel campo della formazione, le esperienze positive di collaborazione già in atto nell'ambito dei diplomi universitari, della revisione dei percorsi formativi post-lauream, della definizione delle nuove forme di offerta didattica, compreso l'insegnamento a distanza. Altri ambiti riguardano l'orientamento degli studenti e gli stages formativi in azienda. Nel campo della ricerca, s'intende favorire la realizzazione di condizioni che permettano una più stretta collaborazione tra Università e Impresa anche su progetti a lungo termine. In questo ambito Confindustria e Conferenza dei Rettori sottolineano la necessità d'investire maggiori risorse, sia da parte pubblica che da parte privata, anche con opportune misure di carattere fiscale e la creazione di sportelli per le piccole e medie imprese e, soprattutto, attraverso l'attivazione di tutte le opportunità esistenti in materia a livello comunitario.
La cooperazione tra Università e mondo imprenditoriale, come anche
con le altre componenti sociali può offrire un contributo rilevante,
oltre che alla crescita economica e civile del Paese, allo sviluppo
dei relativi sistemi, ed in particolare alla qualificazione delle
attività formative, di ricerca, di innovazione condotte sia in ambito
universitario che in ambito produttivo.
Al fine di favorire tale processo e, nel rispetto dell'autonomia
universitaria, la Conferenza dei Rettori, come sede di
raccordo degli Atenei italiani e la Confindustria, espressione del
mondo imprenditoriale, sono intenzionate a definire modelli comuni di
collaborazione, come significativo esempio di una volontà d'intesa
fra mondo universitario e quello dell'impresa, da estendere ad altri
soggetti economici e sociali.
Il presente documento costituisce il primo esempio di questa volontà
di intesa fra il mondo universitario e quello dell'impresa.
La Conferenza dei Rettori e la Confindustria convengono sul carattere
strategico che assumono la formazione qualificata e la ricerca come
fattori di sviluppo di una società evoluta e tecnologicamente
avanzata.
La formazione e la ricerca devono assumere un ruolo prioritario negli
obiettivi politici nazionali, e come tali devono poter disporre di
adeguate risorse per adempiere al loro ruolo di elementi trainanti
dell'evoluzione civile e dello sviluppo economico.
Con il presente documento l'industria privata e l'Università hanno
inteso formalizzare le riflessioni comuni in tema di rapporti
Università/Impresa a livello di formazione e di ricerca scientifica e
tecnologica e tracciare alcune linee di proposta per superare le
disfunzioni esistenti e per individuare gli interventi e gli
strumenti da attivare per rendere tali rapporti più proficui ed
efficaci.
Attraverso una valutazione dei problemi e delle azioni che si pongono
sul piano generale per migliorare il sistema formativo e di ricerca
del Paese, si analizza in particolare lo stato dei rapporti di
collaborazione fra imprese ed Atenei e vengono prospettate alcune
possibili soluzioni da rendere operative nel breve termine ovvero da
valorizzare in una visione più strategica di medio-lungo termine.
I rapporti tra imprese ed università trovano una loro disciplina
principalmente nei seguenti provvedimenti:
- DPR 382/80: prevede la possibilità di l'eseguire attività di
ricerca e consulenza mediante contratti e convenzioni con enti
pubblici e privati", ponendo però vincoli molto rigidi;
- Legge 46/82: la normativa fa specifico riferimento ai progetti di
ricerca delle imprese, nel cui ambito possono trovare spazio i
rapporti di collaborazione con le Università
- Legge 705/85: apre la possibilità di "partecipare a consorzi o a
società di capitale per la progettazione e l'esecuzione di
programmi di ricerca finalizzati allo sviluppo scientifico e
tecnologico";
- Legge 168/89: l'articolo 3 (comma 3) prevede che "il Ministro,
d'intesa con le altre Amministrazioni dello Stato, con le
Università e con gli enti interessati, definisca, sentito il CNST,
iniziative di ricerca di comune interesse e ne promuova la
coordinata attuazione. A tal fine il ministro conclude specifici
accordi, con i quali sono definiti i programmi, con l'indicazione
dei relativi obiettivi, i tempi di attuazione, il reperimento
delle risorse finanziarie e le modalità di finanziamento". Le
linee generali per la definizione dei programmi coordinati di
ricerca sopra citati sono indicati dal CIPE, su proposta del
Ministro;
- Legge 341/90: prevede esplicitamente la collaborazione tra
Università ed Enti pubblici e privati a livello di nuove
tecnologie di attività didattiche;
- Legge 317/91: all'articolo 27 sono disciplinate le società
consortili miste, quali strumenti di cui il legislatore ha inteso
avvalersi per promuovere la collaborazione interaziendale ed il
perseguimento di obiettivi comuni a più aziende attraverso il
coinvolgimento diretto di Enti pubblici (Università, CNR, Enea, ed
altri) nelle iniziative consortili. Le società consortili miste
possono svolgere diverse funzioni nel campo della ricerca e della
sperimentazione, della diffusione ed applicazione di innovazioni
tecnologiche, della consulenza ed assistenza, della formazione
professionale;
- Decreto legislativo n. 96/93 di attuazione della legge 488/92 in
materia di intervento ordinario per le aree depresse del
territorio nazionale. All'articolo 6 vengono demandate al
Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e
Tecnologica le funzioni relative: alla predisposizione ed alla
stipula dei contratti di programma, da approvarsi dal CIPE,
relativi a centri e progetti di ricerca; a programmi e progetti di
ricerca previsti dalle intese con l'ENEA ed il CNR;
all'attuazione dell'intesa di programma già firmata per la
realizzazione di parchi scientifici e tecnologici nel Mezzogiorno.
L'Università ed il sistema di formazione superiore costituiscono le
risorse fondamentali per ogni società industriale avanzata e la
condizione necessaria per garantire lo sviluppo della ricerca
scientifica, l'accumulazione e l'aggiornamento costante delle
conoscenze e delle competenze nonché il trasferimento di tali
conoscenze verso la produzione.
Per poter svolgere al meglio la propria funzione l'Università, deve
saper acquisire flessibilità e capacità di risposta agli
stimoli al pari delle imprese; deve essere aperta al mondo esterno per trarne
tutte quelle indicazioni utili a meglio impostare le proprie linee di
attività sul piano della didattica, della ricerca, dell'aggiornamento
scientifico e tecnologico.
Un passo importante in questa direzione potrà avvenire dalla
sollecita approvazione del provvedimento- legislativo sull'autonomia
delle Università e degli Enti di ricerca.
In particolare l'obiettivo dell'autonomia finanziaria delle
Università potrà rappresentare la risposta più valida per:
- il superamento della rigidità e dei condizionamenti esistenti
all'introduzione di principi di competitività all'interno del
sistema universitario;
- il raggiungimento di situazioni di eccellenza per quelle
istituzioni che sapranno più efficacemente e responsabilmente
programmare i fattori (docenti, spazi, fondi per la ricerca,
ecc.); razionalizzare gli sforzi e finalizzare le scelte;
eliminare sprechi ed inefficienze; collegare le decisioni di spesa
alla valutazione dei risultati, in termini sia quantitativi che
qualitativi; attivare servizi esterni che trovino l'interesse dei
potenziali utenti cosi da individuare opportuni canali di
autofinanziamento; gestire su un piano di managerialità le diverse
attività didattiche e di ricerca.
Rispetto all'autonomia universitaria la programmazione, assicurata da
Parlamento, Governo e Ministero, assume valore strategico: lo Stato
ha il diritto-dovere di indirizzare il sistema universitario nel suo
complesso verso gli obiettivi di formazione e di ricerca che il Paese
ritiene coerenti con la sua dinamica di sviluppo e con la sua
collocazione internazionale.
Fondamentale condizione, nel definire un nuovo quadro di Governo per
l'Università, è rispondere a contestuali necessità: per gli Atenei,
avere certezze sul flusso di risorse su una base pluriennale; per
Governo, Ministero, opinione pubblica, poter valutare i risultati e
ridefinire le scelte anche sulla base dei risultati raggiunti.
Le imprese possono rivolgersi alle Università per:
- informazioni, consulenze ed assistenza scientifico-tecnologica;
- attività di laboratorio e di certificazione;
- programmi di ricerca finalizzata all'applicazione dei risultati;
- diffusione e trasferimento delle tecnologie;
- corsi di formazione e di aggiornamento.
Finalizzazione delle attività, concentrazione delle risorse su
priorità ben definite e valutazione economica dei risultati ottenuti
devono costituire i parametri secondo i quali impostare i rapporti
Università/Enti pubblici di ricerca/imprese. Non è pensatile
infatti, in una situazione di scarsità di risorse pubbliche ed in
difformità a quanto sta avvenendo anche negli altri paesi
industrializzati, continuare a procedere secondo una logica di
polverizzazione degli interventi.
In ambito industriale appare inoltre necessario prestare una
attenzione sempre maggiore allo sviluppo di un'attività sistematica
di ricerca, come elemento indispensabile per garantire una continua
innovazione ed una più elevata qualità del prodotto, e verso la
stessa ricerca di base, come momento di formazione di quelle
conoscenze che possono poi tradursi in applicazioni veramente
innovative.
Conferenza dei Rettori e Confindustria si propongono pertanto di
individuare momenti di incontro e forme organizzative che consentano
di sviluppare la collaborazione tra mondo accademico e mondo
produttivo, nella consapevolezza che tale tipologia di intervento non
possa che rappresentare una parte di un sistema più articolato di
misure capaci di promuovere l'integrazione tra Università ed imprese.
A livello centrale si propone di attivare un "tavolo" permanente di
analisi, proposta, monitoraggio e valutazione tra Università, Enti
pubblici di ricerca e Rappresentanze imprenditoriali.
A livello regionale si propone di definire una sede intermedia di
raccordo e scambio capace di garantire il massimo di informazione e
di sinergie tra Università e settori produttivi.
A livello locale e/o settoriale si propone di promuovere e diffondere
la creazione di accordi tra imprese, loro Rappresentanze, Università
ed altri partners interessati, tali da vincolare sufficientemente i
componenti dei soggetti partecipanti.
Per quanto riguarda la collaborazione nel campo formativo occorre
favorire esperienze di collaborazione tra le Università e le imprese
sia per l'offerta già consolidata, sia a livello dei nuovi prodotti
in cui si concretizza la diversificazione dell'offerta normativa
(prevista dalla legge 341/90 sugli ordinamenti didattici), ampliando
l'esperienza positiva già registrata nella fase di avvio dei corsi di
diploma. Diploma universitario, insegnamento a distanza, nuove forme
che, anche sulla base di adeguate risorse, di didattica, educazione
permanente, aggiornamento professionale, orientamento degli studenti,
sono le forme nuove che devono costituire l'occasione per
incrementare fortemente la presenza di docenza non accademica e per
sviluppare la predisposizione di stages formativi presso le aziende,
definendo anche modelli comuni di formazione.
Ad esempio, forme innovative di didattica e una più stretta
collaborazione con l'impresa permetteranno di assicurare:
- forme di orientamento più sistematico degli studenti, per una più
proficua e veloce carriera negli studi universitari;
- una maggiore efficienza dei corsi di laurea, avvicinando cosi i
tempi di percorrenza reali a quelli previsti dagli ordinamenti;
- f orme di assistenza e informazione per quanto riguarda le
possibilità di inserimento nelle attività professionali;
- l'aderenza dei corsi di diploma all'evoluzione dei contenuti
professionali, anche ad evitare che essi vengano concepiti solo
come forme di facilitazione o abbreviamento degli studi
universitari ed a garantire il riconoscimento del valore
dell'esperienza normativa;
- l'impiego, a livello didattico, delle acquisizioni derivate dalla
ricerca e l'utilizzazione degli strumenti che l'innovazione
tecnologica rende disponibili;
- una revisione dei percorsi formativi post-lauream per ricercare un
maggior collegamento con la realtà e le esigenze del mondo
produttivo; l'esperienza delle scuole di specializzazione dovrà
essere ampliata alle altre facoltà, anche ad evitare la eccessiva
segmentazione dei corsi di laurea; i corsi di dottorato dovranno
superare il modello attuale, rivolto essenzialmente alla ricerca
universitaria, e prevedere anche possibilità di sbocco
nell'impresa in presenza di risorse scarse;
- un maggiore collegamento, in presenza di risorse scarse, tra
produttori di innovazione tecnologica applicata alla didattica e
potenziali utilizzatori della stessa.
La conferenza dei Rettori e la Confindustria concordano nel ritenere
che qualsiasi proposta concernente il rilancio ed il rafforzamento
dell'attività di ricerca deve partire dalla constatazione che essa ha
come funzioni primarie la generazione di nuove conoscenze (ricerca di
base) e l'ottenimento di nuove tecnologie, di prodotti e di servizi
(ricerca finalizzata).
La ricerca universitaria di base garantisce la poli-funzionalità
dell'investimento, pubblico e privato, effettuato a favore
dell'innovazione, ed il mantenimento di una prospettiva di medio-lungo
periodo nelle strategie dell'innovazione. Dal punto di vista
dell'attività formativa essa si caratterizza inoltre come un
insostituibile elemento di qualificazione di percorsi accademici, dei
docenti, ricercatori e studenti.
La ricerca finalizzata costituisce per le imprese un fattore di
sviluppo e di competizione e per l'università fattore di
aggiornamento continuo e di maggiore ricerca di efficacia e di
efficienza.
Si concorda sull'esigenza di pervenire ad un miglioramento della
produttività del sistema ricerca/Paese e ad un maggior impegno non
soltanto sul piano quantitativo (per quanto attiene le risorse umane
ed i mezzi finanziari), ma anche sul piano qualitativo degli
interventi nel campo della R&S.
In particolare si evidenze la necessità di investire maggiori risorse
nella ricerca, sia da parte pubblica che da parte privata, rispetto
alla situazione attuale. L'obiettivo da perseguire, in un'ottica di
medio periodo, è quello di giungere ad un rapporto spesa di
ricerca/PIL dell'ordine del 2,5%. A tale scopo potrebbero, come già
avviene negli altri Paesi sviluppati, essere studiate anche opportune
misure di carattere fiscale, fra le quali quelle volte a premiare le
imprese che commissionano attività di ricerca alle
Università ed ai centri pubblici di ricerca.
Si ritiene altresì indispensabile pervenire alla definizione di un
quadro strategico di riferimento in tema di ricerca scientifica e
tecnologica e di migliorare l'interazione tra Imprese/Università/Enti
pubblici di ricerca, eliminando cosi uno dei punti di debolezza del
"sistema-ricerca" del Paese.
Occorrerebbe in questo quadro, al fine di ottenere risposte più
efficaci ed organiche ai problemi che si pongono, assicurare il
contributo della competenza delle rappresentanze industriali nelle
varie sedi consultive del Ministero dell'Università e della Ricerca
Scientifica e Tecnologica.
Le grandi imprese hanno da tempo avviato stabili rapporti di
collaborazione con le Università per sfruttare le economie di scala
presenti nell'attività di ricerca e nella formazione specialistica.
Per superare i limiti di collegamenti e di comunicazione tra le
piccole e medie imprese e le Università, si stanno sviluppando
accordi tra le Associazioni industriali e le strutture universitarie.
Le forme di collaborazione tra Università ed imprese si sono
realizzate attraverso formule giuridiche molteplici, che variano
essenzialmente a seconda dello stato dei rapporti tra i soggetti
contraenti e degli obiettivi che si vogliono conseguire.
Rientrano tra queste:
- le convenzioni-quadro, attraverso le quali si stabilisce una
reciproca volontà di collaborazione e si dettano alcune regole-
cornice volte ad agevolare la stipula di specifici contratti di
ricerca;
- i consorzi, che impongono ai soggetti consorziati una serie di
obblighi definiti e formali; è questa una formula che ha trovato
applicazione soprattutto negli ultimi tempi e che ha permesso di
realizzare esperienze positive, in particolare quando è stata
utilizzata come mezzo per aggregare competenze non disponibili
singolarmente.
E' necessario dare certezza a tutte queste iniziative e prefigurare
condizioni ed opportunità tali da garantire la creazione e lo
sviluppo di stabili rapporti di collaborazione tra tutti i soggetti
interessati all'attività di R&S, dando concreta risposta al problema
fondamentale che è quello di trovare un terreno comune tra le diverse
esigenze del mondo imprenditoriale e quello accademico.
Una condizione fondamentale per consentire all'Università una più
ampia capacità di dialogo con il sistema aziendale è data dalla
acquisizione di una maggiore flessibilità di impiego e di
organizzazione delle risorse e delle strutture.
Una maggiore flessibilità sarebbe necessaria, ad esempio:
- per superare i vincoli posti dall'attuale normativa riguardo alla
destinazione delle risorse acquisite sulla base dei progetti di
ricerca finalizzata, anche ai fini di una maggiore incentivazione
dei ricercatori che operano in questa area;
- per promuovere politiche di gestione del personale aderenti agli
effettivi fabbisogni indotti dalla partecipazione a progetti di
ricerca, in grado dunque di:
Obiettivo di fondo da perseguire nel medio-lungo periodo è quello di
rafforzare le dotazioni infrastrutturali di ricerca e di innovazione
del Paese.
I modelli che si possono configurare sono tre:
a) le "reti nazionali" di ricerca;
b) gli istituti nazionali;
c) parchi scientifici e tecnologici.
a)
Un'attenzione particolare deve essere data, in questo quadro, alle
iniziative di trasferimento tecnologico, soprattutto nei confronti
delle piccole e medie imprese.
Sulla base di esempi già sperimentati positivamente in altri Paesi,
si può sperimentare la creazione di apposite sezioni all'interno
dell'Ateneo o dei Parchi scientifici o delle Associazioni
industriali, dedicate al trasferimento di tecnologie alle piccole e
medie imprese ovvero, la creazione di appositi funzioni di
informazione, assistenza e consulenza.
Non è da sottovalutare l'importanza di questi sportelli, attraverso i
quali potrebbe essere superata la lamentata carenza di
leggibilità/accessibilità delle informazioni sulla ricerca svolta
dall'Università.
L'informazione rimane un momento centrale nel processo di
trasferimento dei risultati delle attività di ricerca alle unità
produttive di piccole dimensioni. Le P.M.I., spesso escluse dai
processi di ricerca, potrebbero beneficiare di questa azione
utilizzando economicamente i risultati derivati. Le Università
italiane infatti rappresentano un enorme serbatoio di conoscenze,
spesso non utilizzate per fini produttivi.