Schema di Regolamento
in materia di autonomia didattica degli atenei
(Decreto Quadro)
La Conferenza esprime un giudizio largamente favorevole sul decreto quadro perché la riforma degli ordinamenti didattici universitari, attesa da decenni, vi trova un quadro di riferimento coerente e innovativo, utile al raggiungimento di alcuni obiettivi cruciali:
larga autonomia agli atenei per quanto riguarda la tipologia e i contenuti dell'offerta formativa, con conseguente maggiore prontezza di risposta della formazione universitaria rispetto alle esigenze della società e maggiore differenziazione dei contenuti formativi utili ad un mondo del lavoro sempre più complesso e articolato;
maggiore articolazione e flessibilità dei titoli di studio universitari, in coerenza con la domanda di istruzione superiore, sia iniziale che ricorrente, e con i sistemi universitari europei, nell'ottica del processo di armonizzazione concordato nella dichiarazione della Sorbona del maggio 1998;
riduzione dei tempi di conseguimento di un titolo di studio universitario da parte degli studenti e quindi ingresso più precoce dei giovani italiani nel mondo del lavoro;
riduzione degli abbandoni degli studenti e quindi dello spreco di formazione universitaria che rimane senza certificazione;
maggiore attenzione al fattore apprendimento - e, in particolare, alla misura del lavoro richiesto agli studenti per l'apprendimento - nel binomio apprendimento-insegnamento che è tipico di ogni attività didattica;
chiarezza nelle procedure e nelle responsabilità per la stesura dei regolamenti della didattica universitaria;
tempi prefissati per la transizione dalla vecchia alla nuova architettura degli studi universitari.
Nell'ambito di questo giudizio favorevole, pur essendo evidente che un giudizio definitivo ben fondato potrebbe essere dato solo dopo aver avuto conoscenza dei decreti d'area, la Conferenza intende porre all'attenzione del Ministro alcuni punti di riflessione generale e alcuni suggerimenti di carattere particolare.
Punti di riflessione generale.
La transizione non sarà né facile né breve. A fronte di innovazioni così profonde ed estese, è necessario che gli atenei abbiano a disposizione significative nuove risorse finanziarie e norme opportune per gestire il cambiamento, tra cui, in particolare quelle relative ai doveri e allo stato giuridico dei docenti universitari.
Sarebbe assai interessante e utile poter disporre di un documento di accompagnamento del decreto, che ne inquadri e ne precisi le caratteristiche e le innovazioni inserendole nel contesto più ampio della riforma complessiva del sistema universitario italiano e dell'evoluzione in atto dei sistemi universitari dell'Unione Europea.
Come lo stesso decreto quadro afferma, un corretto svolgimento della didattica universitaria richiede che gli studenti abbiano un'adeguata preparazione iniziale e quindi si ritiene assolutamente urgente che il Parlamento affronti il tema della riforma degli studi secondari. Potrebbe inoltre essere interessante istituire, accanto all'orientamento e al tutorato, anche forme non selettive di valutazione iniziale degli studenti, utili sia per l'autovalutazione delle attitudini che per l'evidenziazione di eventuali debiti formativi da colmare, con procedure da inserire nel regolamento didattico di ateneo.
Le nuove denominazioni dei titoli di studio saranno certamente oggetto di grande attenzione da parte dell'opinione pubblica e degli addetti ai lavori, anche perché toccano abitudini profonde e storicamente radicate. Le denominazioni devono essere scelte con grande ponderazione, perché costituiscono il primo stadio di comunicazione accademica, politica e sociale della riforma che si intende realizzare. Si comprendono bene le ragioni di chi preferisce denominare laurea il titolo di primo livello, ma si comprendono altrettanto bene le ragioni di chi preferisce lasciare il nome di laurea al titolo di secondo livello. La Conferenza ha discusso le seguenti coppie di denominazioni:
Laurea |
Diploma universitario |
Laurea di I livello |
Laurea |
Laurea europea |
Dottorato |
Laurea |
Laurea di II livello |
Laurea avanzata |
Laurea |
e ha espresso a larga maggioranza il parere che il termine "laurea" debba essere presente nella denominazione di ambedue i titoli di I e II livello (come nella terza, quarta e quinta coppia della tabella).
Anche la denominazione del titolo accademico personale sarà oggetto di grande attenzione. La Conferenza suggerisce di adottare un unico titolo accademico personale, quello di dottore, da attribuire a chiunque consegua un titolo di studio universitario e da specificare, come nell'uso anglosassone, con la sigla del titolo o dei titoli conseguiti dall'interessato. Quindi, ad esempio, per un laureato: dottor Mario Rossi (DL); oppure, per un dottore di ricerca: dottor Mario Rossi (DL, DD, DR), et cetera.
La strutturazione in classi dei corsi di studio risponde certamente alle esigenze combinate di lasciare autonomia alle università nella denominazione dei titoli di studio e di non frammentare il panorama dell'offerta formativa in termine di valore legale dei titoli. Sarebbe importante che il nuovo concetto di classe di corsi di studio venisse chiarito ed esemplificato in un documento ministeriale di indirizzo, utile per comprenderne meglio la portata e per evitarne interpretazioni troppo difformi tra i vari decreti d'area.
La scelta di prevedere che i crediti siano maturati dallo studente solo dopo il superamento dell'esame (sistema on/off) è certo ben comprensibile e quasi inevitabile in un sistema in trasformazione. Sarebbe però opportuno prevedere che si possa almeno sperimentare, in alcuni casi specifici, una maturazione continua dei crediti in dipendenza, ad esempio, dalla frequenza ad attività pratiche o sperimentali. Inoltre appare giusto, nella fase iniziale di transizione, separare la misura del lavoro di apprendimento (i crediti) dalla misura della quantità e qualità dell'apprendimento (il voto d'esame), lasciando al futuro possibili soluzioni di ponderazione.
Le ore annue di lavoro di apprendimento, che possono oscillare tra 1350 e 1650, appaiono leggermente ridotte rispetto ai carichi di lavoro necessari in alcuni corsi di studio. Si suggerisce pertanto di allargare la fascia di oscillazione al 20%, portando quindi la banda ammissibile a 1200 - 1800 ore.
Rimane ancora aperto il problema della contrattualità studente - ateneo e, in particolare, delle figure di studenti a tempo parziale e dei loro diritti e doveri.
Sarebbe meglio esplicitare se i diplomi universitari siano abrogati (come sembra dal comma 1 dell'articolo 2) o no. Inoltre non è ben chiarito il problema del futuro dei diplomati universitari salvo che al comma 3 dell'articolo 14. Per non ripetere l'increscioso episodio dei diplomati delle scuole dirette a fini speciali, la Conferenza riterrebbe utile che il problema sia affrontato e risolto promuovendo a livello nazionale, nelle forme che saranno ritenute opportune, percorsi di equiparazione del diploma universitario al nuovo titolo universitario di primo livello.
Affinché la nuova architettura degli studi universitari non affondi, soprattutto nell'opinione pubblica degli studenti e delle loro famiglie, a causa di un mancato collegamento con le problematiche del mondo del lavoro e delle professioni, è urgente che trovi applicazione la norma legislativa contenuta nell'articolo 1 della legge 4/99 (c. 15, lett. c; c. 18) che prevede il riordino del legame tra i titoli universitari e gli accessi al pubblico impiego e agli albi professionali.
La normativa riguardante le scuole di specializzazione appare alquanto ingarbugliata e di non facile interpretazione in uno schema altrimenti molto lineare. Si suggerisce di ritornarvi sopra, soprattutto per il punto che prevede la possibilità per le scuole di specializzazione di situarsi sia dopo il primo che dopo il secondo livello.
Pur essendo evidente che la normativa e l'organizzazione della formazione integrativa post-laurea o post-dottorato rientra nell'autonomia delle università (articolo 3, comma 6), sarebbe utile accennare nel decreto quadro al problema dei Master. Non si tratta di titoli aventi valore legale, ma una loro caratterizzazione nel decreto quadro, anche ridotta all'essenziale, permetterebbe di poter riservare alle università il diritto a rilasciare il titolo di Master universitario differenziato dai numerosi titoli di Master rilasciati da istituzioni non universitarie e aventi i più disparati impegno didattico e durata.
Nel decreto quadro manca una norma di salvaguardia delle specifiche normative didattiche delle scuole universitarie di eccellenza attuali (Scuola Normale, Scuola S. Anna, SISSA) o in via di istituzione. Si sottolinea comunque l'opportunità, ancora più sentita nella nuova organizzazione degli studi universitari, di offrire percorsi formativi di eccellenza ad integrazione dei curricula universitari standard, che consentano la piena valorizzazione delle capacità individuali degli studenti maggiormente dotati.
Punti specifici.
Art. 3, c. 3 - Manca il riferimento al comma 2 del medesimo articolo (I titoli di cui ai commi 1 e 2 danno diritto ).
Art. 4, c. 1 - Può apparire possibile che una stessa classe contenga corsi di studio di differente livello. Meglio quindi dire: I corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei,
Art. 4, c. 3 - Analogamente al punto precedente, sarebbe meglio dire: I titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello e appartenenti alla stessa classe
Art. 5, c. 6 - Manca il caso del trasferimento ad altro corso di studio di altra università. Sarebbe quindi migliore la dizione: Il riconoscimento totale o parziale dei crediti acquisiti da uno studente ai fini della prosecuzione degli studi in altro corso della stessa università ovvero nello stesso o in altro corso di un'altra università
Art. 7, c. 1 - La conoscenza della lingua italiana è ovviamente necessaria per conseguire un titolo di studio universitario. Sarebbe allora meglio dire: la conoscenza obbligatoria di una lingua dell'Unione Europea oltre l'italiano.
Art. 9, c. 3 - L'ultimo periodo potrebbe essere interpretato nel senso che il corso di laurea debba essere attivato in ogni caso nell'università che ha il corso di dottorato. Per evitare questa interpretazione sarebbe meglio sopprimere la parola anche nell'ultimo periodo.
Art. 11, c. 2, lett. c) - Sarebbe meglio sostituire le ultime parole con le seguenti: ad uno o più settori scientifico-disciplinari nel loro complesso
Art. 12, c. 3 - Per evitare blocchi derivanti dalla mancata espressione del parere della componente studentesca, sarebbe necessario prevedere un limite di tempo entro cui il parere deve essere reso, oltre il quale il parere si intenderebbe automaticamente favorevole. Si potrebbe aggiungere al comma la frase: Il parere studentesco deve essere reso entro 30 giorni, trascorsi i quali il parere si intende favorevole.
Art. 13, c. 1 - La parola "regolamento " può risultare equivoca. Sarebbe meglio dire: specifiche norme di legge o di regolamento avente valore di legge, ovvero di direttive dell'Unione Europea.
Art. 14, c. 1 - I dodici mesi previsti sembrano davvero pochi, non tanto per la stesura dei nuovi ordinamenti didattici, quanto piuttosto per l'adeguamento delle procedure amministrative per le carriere studentesche e dei relativi sistemi informatici (per non parlare del problema dei costi di quest'adeguamento). La Conferenza, poiché ritiene assolutamente prioritaria una vera attuazione della riforma in tempi realmente rapidi, propone che al termine di 12 mesi per l'approvazione dei regolamenti didattici sia aggiunto un ulteriore termine di 6 mesi per portare a termine gli adeguamenti logistici necessari per l'attivazione dei nuovi corsi di studio. Il termine totale di 18 mesi dovrebbe essere indilazionabile.