L'Assemblea della CRUI ha esaminato il testo dei due DPCM sul diritto allo studio, il primo riguardante la ripartizione tra le regioni del fondo integrativo per le borse di studio e per i prestiti d'onore (ex art. 16 L. 390/91), il secondo riguardante l'uniformità di trattamento nel diritto agli studi universitari (ex art. 4 L. 390/91). La CRUI, esprimendo al MURST un vivo apprezzamento per essere stata consultata sul testo dei due importanti documenti, intende innanzitutto dare un giudizio in linea di massima favorevole all'orientamento generale dei due DPCM, pur sollecitando nel seguito modifiche su singoli punti che ritiene non condivisibili.
DPCM SUL FONDO INTEGRATIVO PER LE BORSE DI STUDIO E PER I PRESTITI D'ONORE (EX ART. 16 L. 390/91)
La CRUI ribadisce l'esigenza di reintegrare al più presto il capitolo del bilancio statale destinato ai policlinici universitari, dal quale sono stati prelevati gli 80,7 miliardi che costituiscono il fondo integrativo per le borse di studio.
In merito ai criteri di ripartizione, questi appaiono ben calibrati rispetto al doppio e condivisible obiettivo di incentivare con meccanismi di tipo finanziario (riguardanti il 65% della disponibilità) gli interventi regionali e di tener conto (per il restante 35%) dell'ineguale distribuzione nel territorio nazionale degli studenti universitari provenienti da famiglie a basso reddito. Manca invece, come sarebbe stato auspicabile, un'incentivazione degli interventi autonomi degli atenei per il sostegno diretto agli studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi (borse di studio aggiuntive a quelle regionali, contratti part-time agli studenti, etc.), che, almeno nel futuro, dovrebbero essere inseriti attraverso il riparto di una piccola quota (ad esempio il 5%) del fondo.
Interessante appare anche il meccanismo finanziario di incentivazione del rispetto dei termini per gli interventi di diritto allo studio che sarà attuato a partire dal 1998.
DPCM SULL'UNIFORMITÀ DI TRATTAMENTO NEL DIRITTO AGLI STUDI UNIVERSITARI (EX ART. 4 L. 390/91)
La CRUI rileva innanzitutto che questo DPCM risponde positivamente all'esigenza di garantire uniformità a livello nazionale negli interventi regionali di diritto allo studio ed appare frutto di un importante e apprezzabile lavoro di analisi del problema e di concertazione con esperti. Poiché però nel contempo contiene elementi prescrittivi rispetto alle scelte autonome degli atenei in merito alla determinazione delle tasse e contributi studenteschi che vanno ben oltre le caratteristiche di documento di indirizzo che il DPCM dovrebbe per legge avere (commi 16 e 18 dell'art. 5 L. 537/93), la CRUI chiede prioritariamente che tali elementi prescrittivi siano modificati nel testo in modo da assumere il significato di indicazione di obiettivi politici generali e da raggiungere con congrua gradualità (ad esempio al termine del triennio e comunque a seguito di un accurato monitoraggio degli effetti e dei problemi derivanti dall'applicazione del DPCM).
Si segnala al riguardo che il DPCM verrebbe emanato in una situazione molto differenziata tra gli atenei, i quali potrebbero trovarsi in seria difficoltà gestionale per applicare in modo repentino - già nei prossimi mesi per le iscrizioni del prossimo anno accademico - procedure molto dettagliate diverse da quelle vigenti in ogni ateneo, senza peraltro poter garantire agli studenti alcun reale miglioramento complessivo nel funzionamento delle università.
Particolarmente delicate appaiono poi quelle norme del DPCM che rendono possibili, se non sicuri, forti aggravi sui bilanci delle università in conseguenza di decisioni autonome delle regioni, per giunta in una situazione di carenza di risorse che riguarda i bilanci di tutti gli atenei. Tipico è il caso della norma che prevede l'esenzione totale dalle tasse e contributi universitari di tutti gli studenti idonei delle graduatorie delle aziende regionali per il diritto allo studio, stabilite in base a criteri di valutazione del reddito e del patrimonio in cui il DPCM lascia ampi spazi discrezionali alle regioni.
Condividendo peraltro l'obiettivo politico che gli studenti idonei abbiano diritto a trattamenti di favore da parte degli atenei, si propone nel seguito una maggiore gradualità nell'applicazione della norma. Si deve comunque notare che questa norma avrebbe necessariamente come conseguenza una redistribuzione del carico impositivo sugli studenti non esonerati, per la quale è assolutamente fondamentale e urgente che il disposto della L. 5/11/96, n. 573 (che abolisce il tetto massimo delle tasse e contributi per il 1996/97) sia esteso agli anni accademici successivi.
Infine appare decisamente sottostimato, rispetto al passato, il ruolo del merito nella concessione dei benefici di diritto allo studio. Se si comprende qualche ragione per questa scelta all'inizio degli studi universitari, essa appare meno comprensibile per gli anni successivi al primo, anche se l'ordinamento in base al merito delle graduatorie degli anni successivi al primo permette di contrastare in parte l'effetto negativo segnalato.
Da un punto di vista organizzativo, si sottolinea la necessità di semplificare quanto più è possibile gli adempimenti richiesti agli studenti, anche per facilitare i relativi controlli a posteriori.
Entrando nei particolari dell'articolato del DPCM, la CRUI esprime le seguenti osservazioni.
L'Assemblea della CRUI, esaminato l'art. 10 del DPCM sull'uniformità di trattamento nel diritto agli studi universitari (ex art. 4 L. 390/91), riguardante le borse di incentivazione e razionalizzazione della frequenza, esprime, a norma dell'art.17 della L. 390/91, il seguente parere.
La CRUI osserva che l'attuale formulazione dell'articolo 10 del DPCM finisce col restringere la possibilità di fruire di tali borse agli studenti ai quali già si applicano le norme per le borse di studio regionali, con ciò molto limitando l'efficacia della norma volta ad incentivare l'iscrizione agli atenei ed ai corsi di studio in carenza di studenti. Propone pertanto che a questo tipo di intervento delle università (sui propri bilanci) siano estese le condizioni di cui all'art. 1, comma 2, del DPCM, e cioè che le università possano determinare autonomamente propri criteri di valutazione nella formulazione delle graduatorie.
La CRUI osserva inoltre che affidare la determinazione dei limiti massimi di iscritti a complicate procedure nazionali finirà col rendere ancora più inapplicata e inapplicabile la norma. Appare senz'altro preferibile lasciare, anche in questo caso, all'autonomia degli atenei la determinazione dei corsi di studio per i quali bandire le borse di incentivazione.