Testata La Repubblica
Titolo "Dietro le quinte di trionfi e flop"
Autore Prof. Luciano Modica
Data sabato, 8 settembre 2001

Con la seconda edizione della classifica CENSIS-Repubblica delle università è possibile evidenziarne meglio pregi e limiti. E' certamente auspicabile che le attività universitarie vengano costantemente valutate da Ministero, studenti, mondo del lavoro, opinione pubblica, come viene regolarmente fatto da anni con azioni locali, nazionali ed europee. Del resto per legge ciascuna università redige ogni anno un rapporto di valutazione e raccoglie il giudizio degli studenti.

L'iniziativa di Repubblica ha il merito di attirare l'attenzione su un tema che altrimenti rimane appannaggio degli addetti, mentre uno degli obiettivi della valutazione è quello di diffondere pubblicamente informazione corretta. Inoltre stimola gli atenei a conoscersi sempre meglio quantitativamente ed a controllare l'andamento dei loro dati numerici fondamentali. Infine accende, insieme a qualche inevitabile polemica, una certa competizione tra gli atenei a caccia di studenti preparati e motivati.

Un'inchiesta giornalistica, anche se sostenuta da grande professionalità, ha però il limite di dover semplificare situazioni complesse. Rischia così, paradossalmente, di avere effetti disinformativi più che informativi, con conseguenze negative sull'orientamento dei diplomati e sul valore stesso della laurea in un dato ateneo. Per controbilanciare questo rischio dovrebbero essere perfettamente chiariti ai lettori gli indicatori quantitativi che si utilizzano evidenziando i limiti della loro capacità di descrivere fedelmente i fenomeni. Inoltre il brillante effetto comunicativo di classifiche generali di tipo sportivo può trasformare una sana competitività in sterile agonismo, anche perché le classifiche sono compilate mescolando discrezionalmente i diversi indicatori. Con classifiche separate per ciascun indicatore, aggregando magari diversamente i corsi di laurea per ridurre i margini di disomogeneità, si lascerebbe al lettore il compito di formulare il giudizio complessivo, anche in dipendenza dei suoi gusti e delle sue aspettative personali.

L'altro inevitabile limite di queste analisi fondate su indicatori quantitativi è quello di non riuscire a misurare bene la "qualità" delle attività universitarie. Infatti le normative europee prevedono che all'analisi degli indicatori numerici sia sempre associata una valutazione qualitativa su basi diverse: la congruenza tra obiettivi e risultati e tra mezzi e fini, la verifica della qualità scientifica e didattica dei docenti, la soddisfazione degli studenti e dei datori di lavoro, etc. Un esempio: se si usa come indicatore il numero medio di esami superati ogni anno dagli studenti, che cosa si può dedurre da un valore alto? Che l'ateneo è meglio organizzato e che i suoi docenti, bravi e attivi, favoriscono un rapido apprendimento degli allievi? Oppure che i docenti hanno un atteggiamento lassista agli esami?

Insomma una gara tra atenei basata sul numero di esami superati o di lauree rilasciate potrebbe stimolare un gioco al ribasso di sicuro esito negativo. Non si tratta di demonizzare le analisi quantitative ma di segnalare l'attenzione con cui le relative classifiche vanno lette quando ci si confronta con valori delicati come la formazione superiore delle nuove generazioni.